Emilio Prini

Biografia

Emilio Prini protagonista dell’Arte Povera dal suo inizio, è uno degli artisti più enigmatici del momento, non solo in Italia. Le sue presenze “raro-rapide” hanno esasperato questo aspetto della sua immagine d’artista, ma esse sono la conseguenza necessaria del suo “angolo” nei propri confronti e in quelli della storia. When attitudes become form è il famoso titolo di una delle mostre-manifesto (tenutasi a Berna nel 1969) a cui ha partecipato. Non è l’arte una scelta di modalità di vita, quella appunto che ogni volta deve fare i conti con l’esposizione, l’esporsi, l’opera?

Un testo di Germano Celant scandisce: “Il mondo dell’operatività artistica si riduce al modo dell’essere e dell’agire”. Prini svuota il rapporto dell’artista-persona con l’oggetto-opera, schiacciato quanto possibile sullo standard, sul “carattere empirico e non speculativo della ricerca”, sul “lato di vita chiave biologica”. La sua opera traspone i dati materiali-quantitativi della realtà in altro, in un gioco di “standard” che intrappola il pensiero “tra i denti” identico e pur diverso, anzi alieno.

Dopo aver partecipato a tutte le più importanti mostre internazionali degli anni tra il 1967 e il 1971, Prini ha diradato al minimo la partecipazione a mostre: una personale intitolata Fermi in dogana all’Ancienne Douane di Strasburgo nel 1995, Documenta X a Kassel nel 1997, Arte Povera alla Tate Gallery di Londra nel 2001 e il suo “tour” americano.

Fedele alla materia degli inizi, Prini ripete ricombinando le opere di quegli anni, anch’esse uguali ma insieme del tutto diverse. Comunque ha dichiarato:”Non ho programmi, vado a tentoni, non vedo traccia di nascita dell’Arte (né della Tragedia) perché la C.S. non è il frutto del puro lavoro umano (perché non ho fatto io la sedia, il tavolo, il foglio, la penna con la quale scrivo) non creo, se è possibile”.